La storia di Berzo Inferiore

L'importanza della storia

"Rendere consapevole una comunità della sua storia significa legittimare la sua esistenza". 

Per trasmettere la storia occorrono documenti coi quali fissare la profondità ed il percorso delle radici di un popolo, è necessario rendere omaggio ai nostri predecessori; contribuire a conservare o divulgare il nostro passato, porre il punto di partenza per ricerche lungo filoni di approfondimento più specifici quali l'economia, l'arte, ecc.… La conoscenza del cammino percorso nei millenni ci rende fieri di appartenere ad un paese che custodisce un così nobile passato e ci invita a trasmettere alle generazioni future un patrimonio che ha aiutato i nostri antenati ad affrontare la vicende immediate ed è una realtà ancora viva.

Le origini

Quando si vuole ritornare alle origini più lontane di una comunità, in Valcamonica, è necessario risalire all' ultima glaciazione ed ai millenni che la seguirono. Furono necessari molti secoli perché la terra, dilavata dai ghiacciai, diventasse abitabile per i piccoli agglomerati umani. Forme di abitazione temporanea sono ricostruibili solo a partire dal Mesolitico (10.000 - 7.000 anni fa). La presenza della caccia e della raccolta rimane viva per tutta l'epoca storica, sebbene siano intervenute altre forme di produzione, nei periodi di crisi economica. 

L'orso, ad esempio, rimase un animale cacciato continuamente, sia per i prodotti che offriva, sia per il pericolo constante che creava ai greggi della montagna. Nelle deliberazioni della vicinia di Berzo vi sono indicazioni ben precise riguardo alla caccia all'orso: 4 giugno 1747: "Fu posta parte di dar L. 8 a quelli di Esine, che hanno uccisi due orsi e fu presa con voti affermativi 10, e negative 5". L'esperienza della caccia ha obbligato la persona umana, già agli inizi della sua storia, ma anche in seguito, alla necessità di osservare la natura e le creature che vi abitano, ad organizzarsi per raggiungere un fine comune, a inventare primitive attrezzature per poter catturare gli animali. La ricchezza della selvaggina nelle Alpi ha reso il territorio subito ricercato dai cacciatori che da essa traevano praticamente tutto per la loro vita. Anche la raccolta di frutti spontanei è considerata la prima fonte di economia. Il luogo della raccolta per eccellenza è il bosco. Naturalmente durante i millenni il bosco fu trasformato da luogo di una vegetazione spontanea in manufatto umano. Il primo frutto, considerato più prezioso, è la castagna. Nei testi è ricordata una particolarità di raccolta: quella delle lumache. Essa è messa in rapporto con Venezia in quanto i nobili veneziani apprezzavano le lumache camune ed esse erano inviate per ottenere il loro appoggi nelle cause importanti per il comune di Berzo.

Miniatori e fonditori, dal villaggio alla comunità di valle

La conclusione del quarto millennio a.C. segna la fine della predominanza dell'agricoltura e introduce, nelle Alpi, la lavorazione dei metalli: dapprima il rame, poi il bronzo ed infine il ferro. Anche questa volta le nuove tecniche vengono da oriente, passando per la Dalmazia ed arrivando in Valcamonica attraverso i passi orientali. La Valgrigna è la prima zona che viene coinvolta dalla lavorazione dei metalli. La primitiva attività mineraria è situata in località Piazzalonga ed anche in tutta la Val Gabbia. La presenza di materiale ferroso, ma anche di rame, non passò inosservato nemmeno ai primi metallurghi. Il secondo passaggio, dopo l'estrazione del metallo, era quello della fusione: esso richiedeva grande abilità ed era riservato a persone eccezionali.

Nella storia di una comunità si pongono dei cambiamenti che durano secoli. La fusione dei metalli fu la principale attività economica e attirò l'attenzione dei nuovi conquistatori, prima i celti poi i romani. Dopo la venuta dei primi artigiani dal Mediterraneo orientale, agli inizi del Calcolitico, l'evoluzione culturale dell'area alpina rimane relativamente misteriosa. Anticipando le scelte dei romani, i celti posero il centro del loro potere nella zona tra la Valgrigna e la piana di Cividate, essi separarono l'attività quotidiana da quella delle incisioni e collocarono quest'ultima nel pendio occidentale della Valle, nella zona di Piancogno. Il centro politico si trovava invece sul crinale tra Cividate, Esine e Berzo. L'influenza romana in Valcamonica comincia molto prima della conquista vera e propria, avvenuta nel 16 avanti Cristo. I commerci con la pianura, dove i romani si erano insediati da lungo tempo, erano continui, era impensabile l'assenza di influenze reciproche. In modo particolare l'affermazione di un fiorente culto delle acque. Il governo romano portò in Valcamonica, come in tutto l'impero, una struttura amministrativa ineccepibile, come non si sarebbe più presentata nella storia. Il medioevo visse sulle rovine della romanità e solo in epoca moderna si fecero tentativi di nazionalizzazione del territorio. Il periodo romano in valle, pur avendo introdotto elementi permanenti nella cultura camuna, ad esempio la lingua latina, dovette convivere con una struttura sociale e religiosa, elaborata dagli artigiani, che continuò a funzionare in modo del tutto indipendente.

Il Medioevo

Dalla caduta dell'impero romano, passando per l'età longobarda fino all'anno mille

La crisi progressiva dell'impero romano, a causa della pressione che i popoli germanici esercitavano ai confini orientali, produsse una progressiva diminuzione dell'efficacia della amministrazione statale, avvertibile nei ritrovamenti archeologici a partire dal secondo secolo della nostra era. I contrasti non terminarono con la fine dell'età antica, ma durarono praticamente lungo tutta la storia del cristianesimo nelle Alpi. La radice delle tensioni stava nella lunghissima tradizione, durata quasi otto millenni, di esperienze religiose, che non poteva essere cancellata. Ormai da tempo si erano stabiliti i luoghi di culto, le feste e le tradizioni. Non si poteva abolire la devozione improvvisamente. Per quanto riguarda la Valgrigna il luogo più antico è la chiesa di San Pietro a Bienno, che risale al periodo ambrosiano. Se si considera che il secondo edificio, in ordine di antichità, è la chiesa di S. Michele a Berzo, seguita dalla chiesa della Trinità di Esine, risalta immediatamente il faticoso avanzare della cristianizzazione. Nonostante l'importanza di Carlo Magno, l'uomo che ha imposto una svolta alla storia europea, in realtà i mutamenti, nelle Alpi, erano già iniziati un cinquantennio prima dell'avvento del regno franco e, in particolare, sono stati realizzati dal regno di Desiderio. Le innovazioni tecnologiche si diffondono in questo periodo, mentre, nei decenni successivi, si assiste solo ad uno sviluppo delle scelte dell'ultimo re longobardo. Il panorama di questo periodo, appare determinato dalle grandi proprietà dei signori barbarici, che avevano ereditato un sistema basato sul latifondo, proprio del tardo impero romano. Dai diversi passaggi di proprietà, a partire dai longobardi, emerse una Valle che era ricercata proprio perché forniva prodotti indispensabili per il funzionamento dell'apparato statale, allora quasi esclusivamente militare, che metteva nella forza delle armi tutta la sua efficienza.

La fine del medioevo e l'ascesa dei Federici

La fine del medioevo vide, in Valcamonica, il formarsi delle fortune di un insieme di famiglie della casata dei Federici. Nel territorio della Valgrigna esse ebbero il loro centro a Esine, ma estesero la loro influenza anche a Berzo. A differenza dei nobili di origine vescovile, i Federici si posero in una posizione antagonista rispetto al potere della Chiesa. La loro origine, nella zona di Montecchio, li ricollega a Rogerio e alla signoria imperiale sugli antichi approdi della Valle. Allorché la rivoluzione del sistema energetico camuno rende necessaria l'importazione del ferro dalla Valle di Scalve, essi si collocano nella zona di Gorzone, da cui possono controllare i passaggi dei commerci siderurgici. Nonostante la sconfitta politica al tempo del Barbarossa, i Federici continuarono la loro azione anche nel secolo seguente, in condizioni politiche e religiose profondamente diverse. Solo verso la fine del Duecento riuscirono a fomentare una opposizione decisa al comune bresciano. Durante tutto il secolo, invece, cercarono di operare per capovolgere la situazione.

Il quattrocento a Berzo Inferiore

Nonostante la confusione politica, che i contemporanei non ritenevano diversa da quella del secolo precedente, il Quattrocento è una età molto viva, in tutta la Valle. Da questo periodo comincia ad apparire una classe di notai, scrivani, insegnanti che ispirano, nella seconda metà del secolo, l'arte dei Da Cemmo, come pure quella delle nuove chiese gotiche. La presenza dei milanesi mette la Valle in contatto con grandi personaggi della politica e dell'arte: Bemardino da Siena, Amedeo Mendez da Silva, Leonardo da Vinci. Il Quattrocento si pone come autunno del Medioevo, in cui, accanto alle autorità provenienti dal secolo precedente, si fa avanti una nuova classe dalla quale deriveranno le grandi famiglie di Berzo.

L'economia di Berzo in epoca moderna

A partire dalla seconda metà del Cinquecento è possibile ricostruire con una certa precisione la vita quotidiana della comunità. La presenza di prestatori di denaro trasforma l'attività artigianale ed agricola in finanziaria. Oltre il prestito ad interesse dato ai privati, la cui consistenza poteva variare dal tre al dodici per cento, almeno dichiarato, la comunità si dotò di strumenti finanziari nuovi. La ricchezza della vita economica alpina, fino al crollo del 1830, consisteva nel lavoro artigianale, in particolare nel lavoro delle fucine del ferro. Tuttavia vi era un'altra serie di attività rilevata negli estimi mercantili del 1770: Lorenzo q. Giacomo Landrino, negoziante come filardo, con l'anno utile circa L.70 sopra capitale circa L.750. Per quanto riguarda il quadro della situazione economica di Berzo, alla fine dell'Ottocento, ci viene dato dalla relazione che il sindaco fa al prefetto per la compilazione di una monografia della provincia di Brescia: Berzo Inferiore, 1 aprile 1890.

Berzo tra '800 e '900

L'area della Valgrigna restò, durante tutta l'epoca contemporanea, una zona di confine e quindi di passaggio di truppe che, attraverso il passo di Crocedomini, raggiungevano la Valcamonica. Nel periodo napoleonico il confine con l'Austria fu teatro di movimenti di truppe e rifiorì il banditismo dei secoli precedenti. Con le guerre d'indipendenza l'area divenne il confine con l'Austria fino al 1918. Per il periodo napoleonico non ricorrono episodi particolari. Per quanto riguarda la vita amministrativa di Berzo, il dramma si aggravò quando essa, come numerose altre comunità camune, fu unita al comune di Bienno. La perdita della propria autonomia fu considerata una ferita insanabile. La storia non si esaurirà qui. Con la costituzione del 1948 i diritti della comunità furono ristabiliti. La vita democratica riprese regolarmente. Nello stesso tempo il paese conobbe un grande sviluppo industriale. La ripresa dell'attività economica sconfisse la povertà che, per un secolo, aveva tolto alla popolazione la sua libertà di fatto. Naturalmente una vera autonomia, quale sarebbe richiesta da un buon funzionamento dello stato, non è stata ancora realizzata. La sfida del nuovo secolo e del nuovo millennio è proprio quella di costruire, dopo la crisi profonda degli ultimi due secoli, un nuovo patto tra tutti i cittadini, fondato sulla responsabilità verso la propria terra.

Ulteriori informazioni

Crediti

Bibliografia

  • Franco Bontempi, "Berzo - Storia di una comunità", Berzo Inferiore, 1998

Ultimo aggiornamento
03 dicembre 2021