Pieve di San Lorenzo

Descrizione

La Storia

Risalente all'epoca carolingia, fu assieme alla più elevata chiesa di San Michele, una delle due chiese del castello sovrastante l'abitato, esistente secondo le evidenze dei resti architettonici che ricoprono ancora oggi la collina, almeno dal XI secolo e sino al XIV. L’attuale conformazione è l’esito di notevoli ampliamenti conseguenti allo smantellamento delle strutture del castello a partire dal XIV secolo. Nella parete nord della chiesa, verso monte, è ancora evidente una cospiqua parte di murature romaniche (probabilmente XII sec), costituenti anche quasi la totalità del campanile con esclusine della cella campanaria. La chiesetta romanica, già oggetto di ripetute modifiche in quest’epoca, risulta quasi del tutto sostituita dalla versione trecentesca della chiesa, cambiando forse orientamento e sicuramente abbassando notevolmente il livello della pavimentazione come testimoniato dalla porta della chiesa più antica, presente sul lato nord, murata. Anche il campanile viene alzato, con una nuova cella campanaria. Durante il quattrocento oltre alle ingenti opere di decorazione pittorica, si compino due significativi ampliamenti, uno in altezza, rendendo possibile l’inserimento anche di una loggia interna in controfacciata, e uno in pianta, ampliando con un nuovo coro il presbiterio. L’ultimo ampliamento è seicentesco, riferito alla cappella aggiunta in facciata.

Già diaconìa della pieve di Cividate, la chiesa compare nelle "recepta fructuum " del 1336 che prendono in considerazione i benefici devoluti alla Santa Sede per ragioni di vacanza o di decima: assegnate all'epoca due prebende sacerdotali, una prebenda chiericale e un chiericato, per un valore complessivo di 32 fiorini. La chiesa, quattrocentesca e rimaneggiata dopo la metà del secolo XV (come attesterebbe l'epigrafe esistente sull'architrave della porta maggiore, sciolta da don Alessandro Sina e datata 1486), è stata allargata nel Seicento. In effetti nei verbali del sopraluogo condotto l'8 maggio 1459 da don Benvenuto Vanzio, delegato del vescovo di Brescia Bartolomeo Malipiero, la chiesa è ricordata "de novo constructa et reparata" lasciando prospettare l'avvenuta esecuzione di un sostanziale ampliamento nel corpo e di lavori di restauro nella parte formante il presbiterio. Nella chiesa vi era un beneficato chiericale del valore di 18 lire goduto dal quasi centena­rio ex arciprete di Cividate Bertolino Spiotti. Il parroco era tenuto ad accedere alla pieve di Cividate il sabato santo per ricevere gli oli sacri e per aiutare a preparare il battistero, mentre il comune di Berzo concorreva, insieme agli altri facenti parte del pievato, a mantenere in ordine il fonte battesimale. Già nel secolo XV compaiono presenze di una attiva confraternita di disciplini segnalata anche da una scritta che rimanda ad un associato, tale "magister Deleidus filius Zenoti quondam Mezi de Ossimo 14(6?)". Nel 1573 la scuola, definita di antica tradizione, regolarmente approvata, con 41 confratelli, governata dal massaro Pietro Girardini, aveva un reddito di una soma di grano ricavata da un appezzamento di terra. Cinque anni dopo figurava con 22 iscritti ed un reddito di 6 quarte di frumento; i suoi ministri, che finanziavano la celebrazione di messe in suffragio dei confratelli defunti, ogni tanto davano conto del loro operato al rettore. Vicino alla chiesa funzionava anche un oratorio per questa scuola, intitolato a San Francesco, dove i disciplini si ritrovavano "per recitar i loro offitii e far altre loro fontioni", mantenuto con le entrate in frumento, segale, miglio, vino e livelli enfiteutici. A cagione di una pestilenza, la vicinia costruì una cappella deidicata ai Santi Rocco, Fabiano e Sebastiano, completata nel 1504 sotto la sorveglianza del parroco Giovanni Greci di Cemmo, già in sede nel 1476, e dei consoli Girolamo Federici di Esine e Antoniolo Zanchetti "gramatice professore", entrambi notai.

Gli affreschi

La chiesa è ricca di affreschi, che per lo più narrano le storie di santi, tanto che essa potrebbe essere chiamata "la chiesa delle storie". I numerosi affreschi ancora conservati sono di autore ignoto, variamente attribuiti, senza motivi sufficientemente probanti. Si parla di Mastro Girardo (perchè un documento del 1436 lo dà presente ad Angolo presso il Nobile Comincino Federici, padre del parroco di Berzo Zenone Federici), o del Parotus, ma senza giustificazione. Si può ben dire, come per numerosi altri affreschi della Valle Camonica, che in San Lorenzo ci sono opere in cerca di autore.

  • Le storie di S. Lorenzo: Gli affreschi più interessanti sono le storie di San Lorenzo della volta a botte del presbiterio. Probabilmente le scene sono tratte dalle miniature o dalle stempe, conservano spiccato il senso del disegno, senza pretendere di rappresentare personaggi reali. Sono però raffigurazioni gustosissime e colte. I vari episodi sono tratti puntualmente dalla "Leggenda aurea" di Jacopo da Varagine. Le poche scritte ancora leggibili nei cartigli, in caratteri gotici ed in lingua latina, provengono dalla "Leggenda aurea". Sotto ogni scena c'era una didascalia in caratteri gotici, ora praticamente illeggibili. In tredici riquadri è narrata la vita e la morte del santo, martirizzato il 10 agosto 258 durante la persecuzione di Valeriano (il martirio è storico; leggendari sembrano invece i particolari macabri del supplizio).
  • Le storie di S. Glisente: Sotto il ciclo di San Lorenzo, sulla parete del presbiterio, in un'unica quadratura si svolgono le varie fasi della vita di San Glisente. Siamo di fronte ad uno dei dipinti più belli del quattrocento camuno che nella sua semplicità e freschezza perviene ad un esito artistico di altissima qualità. I critici amerebbero vedere il mitico Parotus come autore di quasto affresco. Sarebbe davvero interessante dare paternità ad un'opera così squisita, ma per ora nessuno ha saputo fare una proposta convincente. Su un unico sfondo di paesaggio alpestre si scandiscono i momenti più significativi della vicenda del santo cavaliere a seguito di Carlo Magno che si converte alla vita eremitica tra i monti camuni. Glisente è l'esempio di una sceltà di vita cristiana alternativa a quella che si vive nel mondo e nell'attività. Incarna la nostalgia della vita semplice e radicalmente evangelica; secondo la leggenda, però, è anche colui che trasmette questi ideali: i fratelli Cristina e Fermo, ritirati con lui a vita eremitica sulle montagne che fronteggiano quella che porta il suo nome, ne sono un esempio.

  • Affreschi del presbiterio: Oltre alla vita di San Lorenzo e alle storie di San Glisente nel presbiterio sono presenti altri importanti affreschi come la Crocifissione, l'ultima cena, l'adorazione dei magi e le "arma Christi". LA CROCIFISSIONE: Sulla parete di fondo del presbiterio c'è l'affresco strappato e ricolocato che rappresenta in basso la crocifissione e in alto l'annunciazione. L'ULTIMA CENA: Sulla parete sinistra, adiacente alla crocifissione, c'è un'ultima cena alquanto deteriorata. La mensa è riccamente apparecchiata ed imbandita: pane, vino in ampolle di vetro e bicchieri colmi, agnello e pesci disposti sui vassoi, gamberi e ciliegie sparsi sulla tovaglia. LE "ARMA CHRISTI": Le "arma Christi" sono la rappresentazione degli strumenti della passione di Cristo. Si tratta probabilmente della copia di una incisione, forse proveniente dalle miniature, che non solo propone la pratica della meditazione dei momenti salienti della passione, ma risale all'origine del culto stesso promosso dal Papa Gregorio Magno.
  • La cappella dei santi Rocco, Fabiano e Sebastiano: La cappella dei santi Rocco, Fabiano e Sebastiano è stata affrescata da Giovan Pietro da Cemmo nel 1504, ormai verso la fine della sua carriera artistica.

Bibliografia

A.Bertolini, G.Panazza, “Arte in Val Camonica – monumenti e opere”, vol. IV.

Pr.ssa G.Martinenghi Rossetti, appunti e studio tratto dal Volume Quarto di “Arte in Val Camonica – monumenti e opere” della collana fondata da Araldo Bertolini e Gaetano Panazza.

P. Castelnovi, "Analisi e recupero tecnico funzionale del complesso di San Lorenzo in Berzo Inferiore (BS)", Tesi di laurea in Ingegneria edile – Architettura, Università degli Studi di Pavia, A.A. 2007-2008, pp. 14-15, 71.